giovedì 11 giugno 2020

DIALOGO TRA LEOPARDI E L' INGEGNERE


LEOPARDI: Oh ingegnere, che buffa creatura sei te …

INGEGNERE: E perché mai ?

LEOPARDI: Prima che ti risponda, dimmi, qual’ è il motivo del tuo affannarti per risolvere i problemi ?

INGEGNERE: Beh a volte lo faccio per il piacere di creare qualcosa che funziona, che quasi vive, altre volte per sfidarmi perché spesso mi annoio un po’ ed altre ancora per creare qualcosa di utile per la gente, che la faccia vivere meglio.

LEOPARDI: Mi ricordi una formica, tu operi ed operi, migliori il tuo formicaio per tutta una vita; forse non sai nemmeno tu perché lo fai, forse sei nato così, ma di fatto conduci una battaglia più gande di te.

INGEGNERE: Quale ?

LEOPARDI: Tu ti immergi nel tuo mondo fatto di calcoli e vuoti numeri e senza accorgertene stai mettendo ciò che hai  a servizio di chi si trova nella tua stessa condizione; tu sai di essere impotente, non cerchi la gloria del fisico quando scopre la formula che lo renderà famoso, e tantomeno non ti elevi fin sopra le stelle, in un ebrezza di insensata grandezza, per tentar nella tua misera condizione umana di dare un senso al tutto, ma combatti la tua guerra, per quanto insensata possa alla fine dei conti risultare, di render il soggiorno terrestre meno spiacevole. Te mi susciti pena e compassione, e mi chiedo cosa farai quando il formicaio che tanto gelosamente custodisci, verrà schiacciato dal frutto che grava su di esso e che un giorno cadrà, per caso.

INGEGNERE: Certamente cercherei un modo per risolvere il problema.

LEOPARDI: E credi di riuscirci sempre ?

INGEGNERE: Questo non lo so ma sicuramente ci proverò.

LEOPARDI: Guardati come sei grande e piccolo allo stesso tempo, ma ti prego mio sciagurato amico, quando il frutto cadrà non disperarti, mantieni la tua razionalità: non pensare che fosse destino o che tu stesso abbia determinato la tua fine, ridi piuttosto allo scherzo che la natura ti ha giocato, senza che nemmeno se ne sia accorta. D’ altronde non ti risulterà difficile, hai scelto di armarti della razionalità in questa sventurata battaglia, l’unica arma che ti può portare ad accettare la tua condizione e a guardarla con coraggio.

INGEGNERE: Se il frutto avrà la meglio sul formicaio, e ci si intenda è tutto da vedere, farò ciò che tu mi chiedi perché ti comprendo amico mio: io so bene che la natura è una bizzarra compagna, non mi illudo di pensare che la Terra sia fatta a misura nostra, poichè mio è il compito di adattarla alle nostre esigenze. Conosco le situazioni scomode che mi ritrovo ad affrontare, ed è per questo che guardo alla contingenza, a ciò che mi è utile in quel preciso istante perché la soluzione giusta in sé non esiste. Le parole che uso ogni giorno sono resa, rendimento, efficacia, perché quando si ha a che fare con un cliente scomodo come la natura bisogna tener conto degli infiniti parametri che cambiano a causa della circostanza, che rendono vaghi i dati teorici che ci si attende. Io però la natura non la vedo come un nemico, ma come una compagna con la quale mi ritrovo a convivere e che posso sfruttare per far tendere sempre più il mio rendimento all’ unità, unità che la natura stessa non mi permette di raggiungere, ma di questo non mi curo poiché tra lo zero e l’ uno ci sono infiniti numeri, e chi può dunque porre dei limiti al bene che io posso fare ? Forse non potrò sconfiggere la morte e nemmeno eliminare la sofferenza, ma mattoncino dopo mattoncino sto costruendo qualcosa, e questo da’ un senso al mio essere, in fondo l’ hai detto te: “sono una formica”, non posso smettere di costruire.

LEOPARDI: Oh ingegnere, anche se tenti di nasconderlo con i tuoi numeri vuoti cerchi di dare un senso al mondo, a te stesso, di ottenere l’ impossibile, sogni, ma non ti biasimo per questo perché seppur i tuoi numeri svuotino di significato le cose in sé, hai avuto modo di vedere che questi ti permettono di ottenere un qualcosa, che per quanto piccolo, è ciò che tu lasci al mondo. Ti auguro in futuro di non limitarti all’ uso dei numeri e di avere una visione sempre più ampia delle cose, ma riconosco che sebbene la resa di cui tanto parli è il tuo limite, perchè ti fa vedere dal solo punto di vista quantitativo, è anche la tua forza.


martedì 9 giugno 2020

SINTESI FINALE

Il termine "resa" proviene da "reso","renduto" che è il participio passato del verbo rendere, che a sua volta deriva dal latino "reddo" il quale ha tra i tanti significati quello di emettere,rispondere. Ciò aiuta a comprendere l' origine del termine inteso in senso "ingegneristico" che viene definito come il rapporto non equidimensionale tra due quantità, che quantifica la convenienza di una certa operazione ed è sempre minore di uno. La provenienza della parola in esame dal latino, le consente di avere numerosi significati: quello militare, al quale la parola deve la sua etimologia poiché nella milizia il rendere era il rimettere nelle mani del nemico una piazza, e viene inteso dunque come capitolazione, e quello commerciale e agricolo che indica quanto può fruttare una vendita piuttosto che un terreno.
Queste rappresentano le "macroaree" nelle quali si colloca il termine, che saranno approfondite nel corso della trattazione, ma la resa nelle altre lingue ha collocazioni molto più specifiche: se in latino il termine "reddo" vuol dire principalmente rendere (con tutte le sfumature che la parola può avere), in cinese 產量 la parola è formata da "产" che significa "proprietà" e "产量" che significa quantità.Il termine cinese fa quindi riferimento alla natura "industriale" del termine, ovvero a quel significato della parola che si riferisce alla produzione in grandi quantità di un bene.In francese,inglese e greco moderno la resa è associata essenzialmente alla chimica (il francese in realtà associa al termine anche un significato fisico in quanto traduce il termine con "rendement" ovvero rendimento).
In ingegneria chimica si definisce resa di un reagente A rispetto ad un prodotto P come il rapporto tra la quantità di P formata e quella che si sarebbe avuta se tutto A avesse reagito convertendosi in P, questa quantità è <1 come il rendimento, il quale non può essere uguale a uno per il secondo principio della termodinamica. Il rendimento dunque è un concetto molto vicino a quello della resa seppur differente, tanto da trarre in inganno chi non conosce adeguatamente i due termini; la ragione di questa frequente confusione sta nel fatto che i due termini hanno alla base lo stesso concetto che è quello della contingenza, che viene ripresa in un passo del "Protagora" dove secondo il pensiero di Platone,impersonato da Socrate, cattivo è colui che ha sorte avversa e buono chi ce l ha a favore, quindi non si può determinare a priori chi è buono, ma occorre considerare chi in una determinata condizione è effettivamente buono. Questa è la grande potenza della resa, ovvero distinguere il dato teorico da quello effettivo. Il concetto della contingenza (che è molto presente nella cultura cinese) viene ripreso da Machiavelli che non identifica a priori ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, ma individua come bene ciò che gli permettere di raggiungere il suo scopo: conservare il potere. Sotto questa luce la resa risulta dunque essere un numero che permette di esprimere la convenienza di un' azione (si pensi all' opera di Bernard Forest de Bélidor "L' Architecture Idrolique"), ma a questo punto ci si chiede quanto effettivamente sia possibile per un numero esprimere una situazione nella sua totalità, in tutti i suoi aspetti. Secondo Leopardi il termine tecnico fa perdere all' oggetto di studio grazia, venustà e forza in quanto si concentra solo sul significato freddo delle cose; questo per Leopardi comporta una grossa perdita, infatti il numero è legato al contingente e dunque non può compiere il balzo verso l' infinito. Tra i maggiori capolavori del poeta marchigiano c'è "La Ginestra" che da molti critici è ritenuto il testamento filosofico del Leopardi: la ginestra, fiore che cresce in condizioni ambientali impervie quali "l' arida schiena del formidabil monte sterminator Vesevo"(La Ginestra, prima strofa), verrà piegata dalla lava, e con fare eroico,che quasi commuove il poeta, accetta la situazione, consapevole che ciò avverrà non per "destino" inteso come un ordine prestabilito delle cose né per sua scelta sua,poiché davanti alla natura si è impotenti, ma per caso. Questa visione fortemente materialistica e meccanicista si contrappone a quella dei miti, in cui gli eroi si arrendono al fato che viene riconosciuto come un entità ineluttabile e suprema che tutto regola.
L' arrendersi è un tema ripreso anche nella letteratura e un esempio sono "I Malavoglia" di Giovanni Verga, romanzo che non a caso si colloca nel "Ciclo dei Vinti" in cui l' autore siciliano racconta la storia di una famiglia dell' 800 che non conosce il progresso che l' Italia stava vivendo, ma con il quale è costretta a confrontarsi e ne esce sconfitta. Anche in filosofia esiste la resa, poiché ad "arrendersi" può essere la logica, dando vita all' aporia ed alle antinomie.
In Italia la mafia è un fenomeno tristemente diffuso, ma anche i boss si arrendono,anche se pur riconoscendosi vinti dallo Stato, non si pentono dei loro intollerabili crimini, come se fossero tra quelle tante persone che nel corso della storia hanno combattuto per la loro causa ma ne sono usciti sconfitti: una questione di punti di vista, di percezione che si ha della realtà, ma si può conoscere veramente la realtà nella sua oggettività ? Non per Magritte, infatti ne "La Trahison des Images", l' artista con la sua opera per certi versi criptica e certamente provocatoria, sottolinea come non sia possibile conoscere sé stessi se non si conosce nemmeno la realtà circostante.
Il termine resa va però anche trattato dal punto di vista economico, ed un modo sicuramente scenico per farlo è con il celebre film di Martin Scorsese "The Wolf of Wall Street" che mostra con gli occhi del regista la roboante vita di chi sta dietro ai titoli che rendono: i broker. A rendere però possono essere anche i titoli dei piccoli risparmiatori, e come non parlare allora del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Einaudi si dedicò soprattutto alla difesa della libera iniziativa dei piccoli investitori, facendone una vera e propria questione etica, la quale scopre nuovi argomenti nella pandemia di coronavirus, durante la quale ci si interroga sulla precedenza ontologica tra benessere fisico ed economico.
Chi ha messo al centro del suo programma filosofico le questioni etiche del suo tempo è Karl Marx, che però non si limitò a riconoscere e a difendere la classe operaia, ma tracciò i "limiti di sviluppo" della società in cui si trovava (Caduta tendenziale del saggio di profitto), prevedendo dunque la caduta del sistema capitalistico che una volta venuto meno il profitto sul quale si basa, è costretto a collassare. Ma si possono analizzare i limiti di sviluppo anche nella società moderna, infatti secondo Donella H. Meadows l' utilizzo più efficiente delle risorse naturali, sarà fondamentale per non intaccare la resa di queste ultime.
 Per concludere si può dire che in questa ricerca il modus operandi sia stato quello di individuare i concetti che ruotano attorno al termine di inchiesta per comprendere meglio il significato e in questa sintesi si è scelto di soffermarsi sugli infiniti rapporti logici che legano i concetti, che non stanno in una struttura gerarchica gli uni rispetto agli altri, ma che possono essere collegati a formare l' idea di resa, partendo da uno qualsiasi di essi, d' altronde ciò è alla base del "pensiero degli scarti" cinese, che vuole appianare le pieghe dei concetti per renderli più chiari, ed il pensiero cinese molto ha a che fare con la resa, la quale scinde la teoria dalla pratica, perché non pensa a quale sia teoricamente il modo migliore di risolvere un problema, ma a quale sia la migliore soluzione in una determinata contingenza, come l' ingegneria.


sabato 6 giugno 2020

STEP#22- SERIE TV

                                                                              EPISODIO 1

Nel primo episodio il protagonista racconta  la sua storia.
John Brick è un giovane uomo di 32 anni che si è fatto da solo, invidiato da molti per il suo stile di vita.
Lui è un broker finanziario che vive a Manhattan, a qualche centinaio di metri da wall street, solo per scelta, perché certi lavori diventano tutta la tua vita e non si ha tempo per altro; ad ogni modo lui solo ci è cresciuto perché i suoi genitori non li ha mai conosciuti, è un orfano, ma fosse se non lo fosse stato non avrebbe avuto la fame che gli ha permesso di arrivare dove è ora. John mentre parla mostra al pubblico le sue ricchezze, orgoglioso (STEP#10) e con tutta l' ironia che gli è capace dice che la sua vita non gli dispiace affatto, ma era evidente: John voleva di più, voleva essere, sentire di appartenere a qualcosa.

                                                                        SECONDO EPISODIO

A New York sono le 4:30 am e John si sveglia per andare a lavoro, o meglio a "produrre" come diceva lui;
lascia sul comodino i soldi alla splendida ragazza con cui aveva dormito più un abbondante mancia, perchè Jennifer (o Joe o Jude, il nome non se lo poteva certo ricordare) se la meritava. i suoi colleghi erano tra i migliori broker al mondo, ma tra loro spiccava Luke Benneth, veniva da Los Angeles aveva la stessa età di John con il quale rivaleggiava in scaltrezza (d'altronde solo John poteva reggere il confronto) ma Luke era cinico, quasi in maniera patologica, per intenderci se avesse mediato il trasferimento di un miliardo di dollari da un ricco magnate Texano ad un' associazione benefica per la fame in Africa, avrebbe fatto di tutto per convincere il facoltoso ad investire piuttosto la somma in uno dei tanti fantastici progetti che Luke proponeva ai suoi clienti, e la cosa buffa è che ci sarebbe riuscito. John non era così e venendo dal basso sapeva cosa volesse dire il denaro, non poteva fare a meno di vedere dietro ai lunghi numeri che gli si presentavano dinanzi, le storie delle persone legate a quel denaro(STEP#20 sul valore del numero).
Quel giorno Luke aveva per le mani un caso particolare: la famosa Dream Building doveva trasferire 30 milioni di dollari ad un vivaio di New Orleans per costruire sul terreno il nuovo stadio dei New Orleans Pelicans. John aveva sempre amato la natura che era l' unica cosa che lo connetteva alla sua sconosciuta famiglia visto che quando fu abbandonato all' orfanotrofio di St. Louiss la sera di un terribile temporale estivo, fu trovato insieme ad una pianta di bonsai che conserva tutt'ora e ad una strana collana a forma di foglia che porta nascosta sotto le sue camicie costose, così si fece trasferire il caso da Luke e si recò personalmente al vivaio, come mosso da una irrefrenabile curiosità.

                                                                           TERZO EPISODIO

Quando John arrivò al vivaio una commessa si avvicinò a lui, si chiamava Bridget e quando seppe chi era John, venne presa da un fortissimo impeto di rabbia e secondo dopo secondo si animava sempre più, accusando quelli come John di essere la rovina della povera gente, fino a svenire. John si chinò per soccorerla e sbottonandole la camicetta per farla respirare meglio, notò che aveva la sua stessa collana a forma di foglia, quando la ragazza rinvenne i due scoprirono di essere fratelli e non potevano contenere la loro gioia, ma John venne a sapere che la madre della ragazza era malata di una malattia rara che ben presto l' avrebbe uccisa e per curarsi aveva bisogno di ben 40 milioni di dollari (STEP#21 sul costo della sanità). La madre di John aveva dovuto abbandonarlo perché non poteva permettersi di dare al figlio un futuro dignitoso e accumulò dopo qualche anno un dignitoso gruzzoletto, così tentò di riprendere John dall' orfanotrofio nel quale però il piccolo non era più presente e aveva passato tutta la sua vita a cercare di trovarlo. Il giovane broker in quel momento sentiva che i suoi soldi per la prima volta potevano servire veramente a qualcosa e pagò le cure alla madre. John ora si sentiva diverso e non aveva più bisogno del lavoro di broker, che non gli piaceva più perché quell' immenso fiume di denaro non gli permetteva di conoscere le persone e le storie,così aprì una banca che diventerà la più grande d' America, con la quale John voleva aiutare chi come la madre aveva le capacità di realizzarsi, ma non ne aveva i mezzi, rendendole almeno dal punto di vista economico più libere (STEP#16 sulla libertà economica).


mercoledì 3 giugno 2020

STEP#23- MAPPA CONCETTUALE


STEP#21- L' ETICA

Il termine "resa" si presta molto a questioni etiche, alcune delle quali sono già state accennate all' interno del blog:

NEL LAVORO

Sono ormai passate alla storia le controversie legate ai salari e alle condizioni di lavoro degli operai dell' '800 che portarono alla nascita di movimenti operai o di vere e proprie filosofie come quella di Marx di cui si è parlato nello STEP#18, e tutto ciò nacque quando i primi grandi industriali preferivano risparmiare sugli operai per massimizzare il profitto, perché l' operaio non era più il depositario di un mestiere, ma figura di bassa specializzazione di supporto alla macchina, e dunque sostituibile.

Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato

NELLA SANITA'

Argomento di grande attualità in questi giorni è stata la riapertura delle attività produttive dei Paesi in periodo di pandemia che per alcuni sottende questioni più profonde come la precedenza quasi ontologica tra benessere fisico ed economico, il guadagno prima della salute (STEP#11).
Ma come non citare il sistema sanitario americano, che prevede un costo per l' assicurazione sanitaria (https://www.panorama.it/news/sistema-sanitario-americano-trump-obamacare), sempre al centro di numerosi dibattiti.


Ma se il termine resa in etica ha spesso un' accezione negativa, in quanto declinazione dell' anteporre il profitto, ci sono esempi in cui il concetto trova anche applicazioni positive:

IN ECONOMIA

Nello STEP#16 si è parlato di come il presidente Einaudi si spese nel difendere la libera iniziativa economica dell' individuo poichè "la libertà economica è condizione necessaria per la libertà politica".

venerdì 29 maggio 2020

STEP#20- NELLO ZIBALDONE DI LEOPARDI

"...non c’è cosa più nemica della natura che l’arida geometria, le toglie tutta la naturalezza e la naïveté, e la popolarità (onde nasce la bellezza) e la grazia e la venustà, e proprietà, ed anche la forza e robustezza ed efficacia mancando anche questa assolutamente al linguaggio tecnico che non fa forza col linguaggio, ma con quello che risulta dalle parole cioè col significato loro e coll’argomento e ragione, o col concetto spiegato freddamente con esse."
(Giacomo Leopardi,Zibaldone)

In questo passo proveniente dallo Zibaldone di Leopardi, il poeta parla del termine tecnico e lo fa con una serie di parole che molto sono vicine al concetto di "resa", si guardi ad esempio ad "efficacia" o  a "tecnico". Ma ciò che più richiama il termine in analisi è quanto il poeta sostiene sul fatto che il termine tecnico perda di grazia, venustà e forza in quanto si concentra solo sul significato freddo delle cose; ebbene questo è il concetto che sta proprio dietro al termine di resa che per descrivere un fenomeno lo quantifica con un numero, questo per Leopardi comporta una grossa perdita, infatti il numero è legato al contingente e non può fare il balzo verso l' infinito.

Visione del comune nella piazza di Recanati


mercoledì 27 maggio 2020

STEP#19- NELL' UTOPIA

RENDIMENTO DI UNA MACCHINA TERMICA =1 (CI PICEREBBE)

Formula per il rendimento di una macchina termica

Una macchina termica è un dispositivo che permette di ottenere lavoro meccanico, utilizzando il calore ottenuto da una sorgente calda. La macchina riceve, ad ogni ciclo, la quantità di calore Q2 prodotta da una sorgente calda (alla temperatura di T2 gradi Kelvin); questa quantità di calore viene in parte trasformata in lavoro meccanico L e, per la parte rimanente, viene dissipata nel refrigerante (alla temperatura di T1 gradi Kelvin).

Da questa relazione si capisce che il rendimento potrebbe essere uguale ad 1 solamente a patto che Q1=0; questa condizione equivarrebbe alla completa trasformazione del calore Q2 in lavoro L senza alcuna dissipazione nel refrigerante, situazione proibita dal secondo principio della termodinamica: insomma, se la sorgente calda produce 1000 cal, la macchina ci restituisce 4186 J. Ci piacerebbe!

Dunque nella formula riportata è un semplice segno a riportare la differenza tra una macchina ideale e una macchina reale,in realtà una macchina termica ideale potrebbe avere rendimento=1 solo a patto che la temperatura T1 del refrigerante sia lo zero assoluto. Quindi, essendo lo zero assoluto un limite teorico, neppure una macchina termica ideale può avere un rendimento=1, può cioè trasformare integralmente il calore Q2 in lavoro L.